Lettere scontrose by Giovanni Arpino

Lettere scontrose by Giovanni Arpino

autore:Giovanni Arpino [Arpino, Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Minimum Fax
pubblicato: 2023-04-08T22:00:00+00:00


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Senatore Pafundi: dov’è l’antimafia?

12 maggio 1965

Senatore Donato Pafundi,

come presidente della commissione parlamentare incaricata di condurre l’inchiesta sulle attività criminose della mafia in Sicilia, lei si trova da qualche settimana al centro d’un’attenzione che cresce e si giustifica sempre più. Quotidiani e settimanali divulgano notizie sui lavori della commissione, raccolgono indiscrezioni, citano giudizi di uomini politici che alla commissione appartengono e che tuttavia la giudicano pubblicamente con accenti severi. Valga per tutti l’esempio del senatore Ferruccio Parri, che ha asserito come la commissione parlamentare non abbia avuto la possibilità di funzionare con la necessaria tempestività e decisione, come non abbia soddisfatto le speranze sia dei suoi componenti sia della collettività nazionale.

Lei ha ribattuto, scritto, precisato, smentito. Ma l’ostinata curiosità giornalistica – in questo caso veramente degna di lode – ha potuto dimostrarsi più che mai insoddisfatta, ha potuto rincarare la dose dei dubbi, degli interrogativi, e si è onestamente sentita in dovere di chiedere ragione per il gran tempo perduto, per le complicità occulte, per le eccessive interferenze di certi partiti, per il palleggiamento delle responsabilità politiche, per tutti i maneggi che hanno reso difficoltoso, arduo, contorto, kafkiano, l’itinerario di un’inchiesta così importante e che poteva costituirsi come un termometro della buona volontà politica e amministrativa.

Il più recente dizionario italiano, alla voce mafia fa seguire la seguente descrizione: «associazione a carattere criminale che usa metodi di repressione e di intimidazione in difesa di interessi particolaristici, facendo leva sulla paura e sui pregiudizi della popolazione». Come vede, senatore Pafundi, non cito dalle pagine dei tanti volumi – almeno una decina, e ottimi – che hanno investigato e documentato il mondo della mafia. Cito semplicemente un dizionario comune, adatto alle famiglie, che può stare tra le mani innocenti di tanti alunni della scuola media unificata.

Malgrado l’opinione del dizionario, codificata da quella «morale comune» che nel nostro paese assoggetta maestri e capi di famiglia, censori cinematografici e parroci, collegiali e ministri responsabili, malgrado la pacifica accettazione di mafia come termine popolare, estremamente significativo, per lei e la sua commissione mafia abbisogna di un commento diverso. Tutti usando la parola mafia, intendono sparatorie, lupara, prevaricazione, ricatto, rapimento, taglia, speculazione edilizia, estorsioni per fatti di acque, orti, aranceti, bestiame, pesca, mentre lei e la sua commissione la definite come «un insieme di attività extralegali e parassitarie»...

Che la nostra lingua fosse la madre dell’espressione eufemistica lo sapevamo da tempo, ma dubitavamo di raggiungere questo sublime traguardo, questa ineffabile, pura, divina astrazione verbale! La torpida mollezza della lingua italiana corrente consente a tutti un rifugio, consente a tutti di affermare e insieme di coprirsi, di accusare e ritirarsi, di nascondere sia la pietra sia la mano che ha finto di lanciarla. Come direbbe un umorista: questo è davvero il paese dove il dolce «ni» suona...

Lei, senatore Pafundi, si difende dalle accuse di «paralisi» che vengono rivolte all’attività della sua commissione. Perché tanta solerzia? Noi italiani siamo più che abituati alle paralisi progressive dei nostri enti, siano ministeri, preture, commissioni, consigli vari, e siamo quindi comprensivi verso coloro che



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